La casa-rifugio a Rebibbia. Un luogo dove le detenute riscoprono la maternità

le casette dell'amore

Un pezzetto di cuore in un luogo triste

La sezione femminile del carcere romano di Rebibbia ha inaugurato ieri, 19 ottobre, Ma.ma, la Casa per l’affettività e la maternità. Pensata perché le detenute possano godere di un angolo di spazio per trascorrere del tempo con le proprie famiglie. Il pensiero rivolto al futuro ed alla voglia di ricominciare in un luogo che riporta la sensazione di casa piuttosto che quella della struttura carceraria.
Presenti all’inaugurazione la rettrice dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Antonella Polimeni, il preside della Facoltà di Architettura, Orazio Carpenzano e la direttrice del carcere, Alessia Rampazzi.

L’aspetto da fiaba

E’ rossa, piccolina e col tetto a punta, come quelle case dei disegni dei bambini. Una casina di 28 mq circondata dal verde. Ma.ma è stata realizzata dall’architetto Renzo Piano con la collaborazione di tre giovani architetti: Tommaso Merenaci, Martina Passeri e Attilio Mazzetto.
I lavori erano già terminati nel 2019 ma lo stop imposto dal lockdown ne ha ritardato l’apertura. La realizzazione della piccola casa è stata permessa dalla collaborazione con l’università e la facoltà di architettura.

Agevolare i buoni progetti e il recupero della normalità

La direttrice, Rampazzi ha spiegato che nella casetta saranno ospitate a rotazione le detenute che potranno avere qualche ora di normalità con le famiglie.
Nel carcere di Rebibbia le detenute sono 320 e la casetta rossa col giardino di magnolie e melograni e i cespugli di ribes è stata immaginata e voluta per i bambini e per le madri. Il progetto nasce dall’idea che il carcere non debba essere un luogo per punire ma un posto dove iniziare a cambiare.

Foto: tgcom24.mediaset.it

Articolo pubblicato dall’autore in informareh24

Pubblicato da Giorgio Consolandi

Giorgio Consolandi – Romano di nascita, apolide per istinto. Impegnato ideologicamente per il sociale, sento forte da sempre il dovere del perseguimento della giustezza e la difesa dei deboli. Contrasto con ogni mezzo i soprusi, sebbene consapevole che il concetto di società perfetta, rimarrà utopico. Ateo, perché rifiuto il concetto di creatore, pongo l’uomo al centro dell’universo e lo rendo responsabile delle sue scelte. Mi interesso di politica poiché credo sia necessaria una visione ampia di tutte le attività umane e della regolamentazione di esse, sono tuttavia consapevole della fallibilità e dell’imperfezione della politica, più che disilluso, continuo ad essere un sognatore, e lotto perché i sogni si concretizzino. La scrittura come forma espressiva del pensiero ed il pensiero come strumento motore della scrittura mi inducono a raccontare le mie analisi personali, le critiche, le esaltazioni, le allucinazioni ed i miraggi che la vita mi infligge senza compassione e senza chiedere permesso. Se cade il mondo io non mi sposto, cerco invece, in un esercizio vano e disperato, di trattenerlo ancorato alla logica ed alla ragione, al sentimento ed all’amore, ma sono sempre più solo. Sostengo ed attuo la difesa degli animali, la loro tutela contro inutili sofferenze ed abusi. Sono figlio degli anni ’60 e ne porto addosso le emozioni e le pulsioni che la mia generazione ha ricevuto. Ho coscienza di far parte di un segmento storico, giudicato con impietosa severità da chi ci succede. La mia generazione ha prodotto contraddizioni morali, etiche, religiose e anche sociali, ma ha determinato la crescita del Paese. I miei J’accuse sono sassi gettati nel lago, lo so che qualcuno è sempre pronto ad accodarsi alla lotta, ne sono convinto!