La Lega vince le europee, ma al Parlamento ci va un uomo di sinistra

Una piccola premessa: la considerazione che segue, non vuole esprimere critiche a nessuna Parte politica, né tantomeno si intende prendere le difese o condannare i politici che sono citati.
La riflessione sui fatti descritti è solo una presa d’atto di come (nonostante la democratica espressione della votazione), le realtà che ne conseguono, non sempre producono il risultato che evidentemente ci si aspetta. Le ragioni sono molteplici e siamo tutti sufficientemente maturi da non saltare sulla sedia mostrandoci sorpresi, strabuzzando gli occhi, siamo svezzati, per così dire, siamo consapevoli che quando tutto sembra incanalarsi verso la via più logica, possono intervenire fatti e compromessi che sovvertono completamente le attese. Giusto o sbagliato che sia, non sarà un tema che riusciremo ad affrontare esaustivamente in poche righe scritte su un post affidato ad un “social”, ma tacere passivamente fingendo di non capire o di capire tutto, non è solo sciocco, è decisamente autolesionistico.

Le elezioni europee del 2019 in Italia, si sono tenute domenica 26 maggio, per eleggere i 73 membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia. Il responso dei risultati ha riservato una certa sorpresa (anche da parte degli stessi vincitori) vedendo come primo partito la Lega al 34,3% pari a oltre 9 milioni di preferenze.

Fino a qui, niente di strano. Gli italiani, almeno gli aventi diritto al voto, hanno espresso il proprio parere politico, premiando le politiche del leader del Carroccio, Matteo Salvini, che intanto aveva avuto modo di dare prova della sua azione di Governo, proprio perché Parte dell’esecutivo, che col Movimento 5 stelle, guida le sorti del nostro Paese.

Per contro, può anche essere successo che i voti, piovuti come una benedizione dal cielo in casa leghista, fossero frutto di una reazione di protesta o un segnale di disapprovazione, ad esempio proprio verso il M5s. Oppure, ed è un’ipotesi che va in ogni caso valutata, la valanga di voti (più di un elettore su tre ha votato Lega) sia stato un sintomo dell’effetto populista di una destra che, stanca di certe politiche, per così dire, tolleranti, abbia voluto dare un segnale inequivocabile di volontà di cambiamento.

Quali che siano le ragioni, rimane il dato che oltre 9 milioni di votanti hanno scelto Lega, vale a dire un partito di destra! Quindi si va ad affrontare le nomine per l’Unione europea con un bagaglio politico targato destra popolare (o come piace dire a tanti, populista).

E così arriva il giorno delle nomine per il presidente della Commissione europea e viene eletta alla presidenza, dopo non poche diatribe (pacifiche) la tedesca Ursula Von der Leyen, della CDU di Germania, tanto cara ad Angela Merkel.
Il belga liberale, Charles Michel conquista la presidenza del Consiglio europeo. La francese Christine Lagarde viene nominata alla presidenza della Bce e andrà a sostituire Mario Draghi. Il socialista spagnolo Josep Borrell è invece nominato Alto rappresentante.

Poi è la volta della nomina del Presidente del Parlamento, e il candidato che viene eletto è un italiano, che dopo votazioni inconcludenti e giri di consultazioni bilaterali, e soprattutto dopo l’affondamento del candidato caldeggiato dall’asse franco-tedesca,
l’olandese Franciscus Cornelis Gerardus Maria (detto più semplicemente, Frans) Timmermans, la spunta su tutti e viene designato alla guida del Parlamento europeo, succedendo al forzista Antonio Tajani.

Ma chi è l’uomo eletto, l’italiano che avrà l’onere e l’onore di tenere per le briglia il Parlamento della Ue? Beh, visti i preamboli delle elezioni europee nel nostro Paese, verrebbe da ipotizzare che il candidato italiano sia senza ombra di dubbio un politico leghista o per lo meno che sia di destra (anche moderata, per carità). Invece si tratta di tutt’altro, si tratta di un politico di opposta convinzione politica, della coalizione PSE, il Partito del Socialismo Europeo, meglio noto come Partito Socialista Europeo, un partito politico europeo di orientamento socialista, socialdemocratico e laburista.

Eletto al secondo scrutinio con 345 voti. David Sassoli (Pd), candidato dei Socialisti e Democratici e sostenuto anche dal Ppe.
Eh già, proprio David Sassoli, il giornalista Rai.
Un politico di indiscussa fede di sinistra, un personalità non da poco, esperienza, idee chiare, e indiscusse capacità. Una scelta giusta insomma.

Nulla da eccepire, si potrebbe dire con semplicità, nulla da obiettare e congratulazioni (vere) al neoeletto presidente del Parlamento d’Europa. Eppure qualcosa non torna… Come mai il partito che gli italiani hanno maggiormente votato, cioè la Lega di Salvini, non ha avuto un proprio candidato ad una carica così importante? Forse che la volontà popolare ha smesso di contare? Oppure si deve pensare che in Lega, non ci fossero personalità di spessore tale da esser presi in considerazione?

Qual è l’arcano che ha determinato una preferenza verso un uomo di sinistra? La politica, disse una volta qualcuno, è una scienza inesatta… E forse la sintesi di questa frase è ben rappresentata da quanto accaduto a Bruxelles.

Esiste infine il sospetto che realmente l’espressione popolare possa essere messa da parte, semplicemente ignorata, bypassata da ragioni di meccanismi contorti che solo la politica riesce a gestire. Evidentemente è stato giusto così, gli equilibri dei Paesi della Ue non sono stati alterati, abbiamo scongiurato la tanto temuta procedura d’infrazione per lo sforamento del rapporto Debito/Pil (almeno per adesso), Conte si è ripreso il ruolo di presidente del Consiglio dei Ministri e agli “usurpatori a singhiozzo” Di Maio e Salvini, non è rimasto che “far buon viso…”.

Adesso la Lega assorbirà la botta e si rimboccherà le maniche, abbandonando qualsiasi velleità di nuove elezioni.
Di Maio invece dovrà prendere atto che è finito il tempo di appoggiare l’amico/nemico e allo stesso tempo attaccarlo.
Entrambi dovranno metter via le proprie intransigenze di programma in ragione di una maggiore flessibilità, per una ragione: proseguire a governare.

Molti non credono all’Unione europea e sostengono che  l’Italexit  potrebbe essere la soluzione finale. Altri temono invece una disfatta da un’eventualità del genere. Anche in questo caso, appare piuttosto arduo abbracciare completamente le ragioni dell’uno o dell’altro e allora fintanto che siamo un Paese membro di questa tanto controversa Ue, ci converrà lavorare per migliorarla, per modificarne quei tratti che si sono rivelati inefficienti o addirittura controproducenti. Un sistema che non funziona perfettamente, non deve necessariamente essere gettato, non prima di aver provato a modificarne le regole e a migliorarne l’aderenza per tutti. Per questo motivo c’è da augurarsi che tutte le “nuove nomine” saranno capaci di traghettare l’Unione verso un maggiore equilibrio per tutti gli Stati membri.

Pubblicato da Giorgio Consolandi

Giorgio Consolandi – Romano di nascita, apolide per istinto. Impegnato ideologicamente per il sociale, sento forte da sempre il dovere del perseguimento della giustezza e la difesa dei deboli. Contrasto con ogni mezzo i soprusi, sebbene consapevole che il concetto di società perfetta, rimarrà utopico. Ateo, perché rifiuto il concetto di creatore, pongo l’uomo al centro dell’universo e lo rendo responsabile delle sue scelte. Mi interesso di politica poiché credo sia necessaria una visione ampia di tutte le attività umane e della regolamentazione di esse, sono tuttavia consapevole della fallibilità e dell’imperfezione della politica, più che disilluso, continuo ad essere un sognatore, e lotto perché i sogni si concretizzino. La scrittura come forma espressiva del pensiero ed il pensiero come strumento motore della scrittura mi inducono a raccontare le mie analisi personali, le critiche, le esaltazioni, le allucinazioni ed i miraggi che la vita mi infligge senza compassione e senza chiedere permesso. Se cade il mondo io non mi sposto, cerco invece, in un esercizio vano e disperato, di trattenerlo ancorato alla logica ed alla ragione, al sentimento ed all’amore, ma sono sempre più solo. Sostengo ed attuo la difesa degli animali, la loro tutela contro inutili sofferenze ed abusi. Sono figlio degli anni ’60 e ne porto addosso le emozioni e le pulsioni che la mia generazione ha ricevuto. Ho coscienza di far parte di un segmento storico, giudicato con impietosa severità da chi ci succede. La mia generazione ha prodotto contraddizioni morali, etiche, religiose e anche sociali, ma ha determinato la crescita del Paese. I miei J’accuse sono sassi gettati nel lago, lo so che qualcuno è sempre pronto ad accodarsi alla lotta, ne sono convinto!